Piediluco

Piediluco è un piccolo borgo di origine medievale che si affaccia sul lago omonimo.

Scavi archeologici nella zona hanno permesso di ritrovare resti di insediamenti risalenti alla tarda Età del Bronzo. In seguito venne conquistata dai Sabini e, a partire dalla metà del III secolo a.C., passò ai romani.In un documento del 1028 si citano il Castello de Luco (sulla sommità del monte della Rocca, dal latino lucus, bosco sacro) e la curtem de Postro (in riva al lago), come un possedimento di tale Bernardo D'Arrone, feudatario del luogo, che lo concede ai monaci dell'abbazia di Farfa. La Rocca era caratterizzata da un mastio con torre quadrangolare, di cui ora rimangono solo i resti. In basso sorgeva un piccolo villaggio, nella zona chiamata il Colle.

Nel 1208, san Francesco passò a Piediluco. Nel 1244Federico IIconcesse quei luoghi ai Brancaleoni, che fortificarono il castello. Le successive vicende storiche videro diverse famiglie a capo del paese sotto la protezione dei vari pontefici. Tra il settecento e la fine del ‘900 Piediluco ottenne un grande balzo di notorietà grazie al fatto di essere spesso inserito nel Grand Tour assieme alla visita alle cascate delle Marmore.

Il lago

Situato all’estremità sud-orientale dell’Umbria, al confine con il Lazio, stretto tra i monti Luco e Caperno, il lago di Piediluco assomiglia molto a un lago alpino, anche se il profilo dei rilievi boscosi che si riflettono nelle sue acque è assai più dolce.Il bacino presenta una forma irregolare: un corpo centrale allungato, in direzione ovest-est, dal quale, tanto verso nord, quanto verso sud, si diramano diversi bracci. Collocato a circa 370 metri sul livello del mare, il lago, in corrispondenza dell’abitato di Piediluco, raggiunge la massima profondità, pari a circa 20 metri. Nell’insieme, sono rarissimi i punti in cui il livello delle acque non supera i 2 metri.Tre sono i suoi maggiori immissari: l’unico naturale è il Rio Fuscello, che trae origine dal versante orientale del monte Tillia e sbocca nel braccio di Ara Marina; gli altri due sono canali artificiali. Il primo, di circa 400 metri, che ha sostituito l’emissario naturale, collega il lago con il fiume Velino e la Cava Clementina ed è stato realizzato, intorno alla metà degli anni venti, dalla Società Terni per aumentare la capacità produttiva della centrale idroelettrica di Galleto. Il secondo, lungo ben 42 km, quasi tutti in galleria, è stato costruito tra il 1929 e il 1931 per convogliare nel lago le acque del medio Nera, deviate dal loro corso naturale all’altezza di Triponzo. In pratica, le crescenti esigenze di energia elettrica delle industrie ternane hanno trasformato uno specchio d’acqua naturale in un grande invaso di afflussi e deflussi regolati dall’uomo.Il lago di Piediluco, assieme a quelli più piccoli della piana Reatina, è quanto rimane dell’antico lacus Velinus, di origine alluvionale, formatosi a partire dal Quaternario come conseguenza delle vicende oroidrografiche riguardanti i fiumi Nera e Velino. Si è ipotizzato che nel periodo della sua massima estensione il lago Velino abbia ricoperto la quasi totalità della piana reatina, spingendosi sino al ciglione delle Marmore. Per bonificare la piana, resa acquitrinosa e malsana dalle frequenti inondazioni, neI 271 a.C. il console romano Manlio Curio Dentato fece scavare nella roccia un canale a cielo aperto (lungo circa 2 chilometri) che, partendo dal braccio occidentale, portava le acque fino al ciglione di Marmore, da dove ancora oggi precipitano nel sottostante fiume Nera. Nacque così la Cascata delle Marmore.

Il prosciugamento del ‘Lacus Velinus’, grazie alla costruzione artificiale Cascata delle Marmore, ha modificato l’intero ecosistema della zona. Dell’antico lago sono rimasti solo dei laghetti residui nelle zone più depresse. Il lago di Piediluco, il più esteso, quello di Ventina e quelli Lungo e di Ripasottile.L’ecosistema dei laghi Lungo e Ripasottile costituisce un esempio di zona umida appenninica la cui salvaguardia e fruibilità è stata garantita dall’istituzione della Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile (1985). L’area, che ha una superficie di 3.278 ettari, si presenta come un dedalo di corsi d’acqua, canali, paludi e specchi d’acqua secondari (detti lame), racchiusa a est dai monti Reatini e a ovest dai monti Sabini. Eccezionale motivo di interesse naturalistico è l’avifauna che popola la riserva.

Fonte: http://piediluco.altervista.org/it/il-paese/il-lago/il-lago